L’ultimo saluto a Viganò. Mancini: “Ho perso tanto, un fratello maggiore”
LU – Ci sono i suoi ‘ragazzi’, quelli che sono stati calciatori e hanno fatto strada anche grazie a lui,
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Read MoreAlessandria – “Perché l’FC Alessandria? Perché credo in un progetto che è ripartito con serietà, ad un club come questo
Read MoreNoi che abbiamo l’Orso Grigio nel cuore lo ricordiamo soprattutto come un giocatore dell’Alessandria: tre stagioni dall’’83 all’ ’87, 80
Read MoreIn occasione dell’imminente sfida con il Pisa, abbiamo scambiato due chiacchiere con Davide Di Quinzio, ex giocatore grigio, da gennaio
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Read MoreQuesta settimana la redazione di Hurrà Grigi ha incontrato Roberto Murgita, centravanti dell’Alessandria nella stagione 2001/2002 Murgita quali sono i suoi ricordi delle stagioni in cui ha vestito la maglia dell’Alessandria? Ricordo che feci una scelta importante, ovvero quella di approdare ad Alessandria che la ritenevo una società storica, un luogo storico che si associava a quelle società di cui avevo fatto parte: Genoa, Pro Vercelli, tutte società che hanno avuto una storia importante nel calcio italiano. Ero approdato ad Alessandria con grande entusiasmo in quanto ritenevo la società grigia molto importante cosi come il pubblico. La stagione era stata difficile, nel senso che era girata storta ma la prima parte dell’annata era stata importante con una squadra importante che aveva fatto bene gran parte del campionato e poi eravamo stati surclassati dall’ansia di non riuscire a raggiungere l’obiettivo finale. Al termine della stagione 2001/2002 Murigita lasciò l’Alessandria per approdare al Savona. Avevo un solo anno di contratto ad Alessandria e, al termine della stagione 2001/2002, la società aveva deciso di non proseguire il rapporto contrattuale: le strade si erano separate. Il tempo fa rivalutare tante cose: avevamo fatto una stagione molto bella per tanti versi con i tifosi molto attaccati alla squadra, erano sempre numerosi allo stadio e la passione era tanta nei confronti della maglia grigia. In Serie C la piazza Alessandria era ambitissima ed era difficile per le altre compagini venire a giocare al Moccagatta. Sono state fatte molte partite giocate bene e altre in cui avevamo raccolto poco. Nella partita playoff con la Sangiovannese, di Maurizio Sarri, avevamo fatto molto bene all’andata ma poi, al ritorno, in casa, andò malissimo e perdemmo in casa in maniera inaspettata. Murgita quale è stato l’allenatore che ricorda con maggiore affetto? Con affetto ricordo tanti allenatori che sono stati importanti per la mia carriera. Ho avuto Claudio Maselli, Franco Scoglio e Osvaldo Bagnoli al Genoa. Attilio Perotti, Francesco Giudolin a Vicenza, Renzo Ulivieri, lo stesso Oscar Piantoni che avevo avuto ad Alessandria lo ricordo con grandissimo affetto, Gigi Simoni che mi aveva fatto esordire. Nella sua carriera quale è stato il gol che ricorda ancora nei giorni attuali? Tutti i gol rappresentano la gioia, momenti di grande euforia, in quanto rappresentano un obiettivo raccolto per la squadra. Ad Alessandria il gol che ricordo con più piacere fu quello che feci alla Pro Sesto, in trasferta: non ero in campo dal primo minuto ero subentrato ed avevo preso un calcio di rigore. Perdevamo 2-0 ed eravamo riusciti a ribaltare la sfida vincendola. Ha seguito le vicende dell’Alessandria negli ultimi anni? Quale opinione si è fatto? Le vicende dell’Alessandria degli ultimi anni le ho anche subite perché uno dei ricordi più belli del tifoso grigio è stata la vittoria di Marassi in Coppa Italia con il Genoa: in quel periodo ero collaboratore dei tecnici della prima squadra del Genoa. L’Alessandria negli ultimi anni si è ristrutturata molto, come società, ha una struttura meravigliosa dove fa crescere i propri giovani. Il Presidente Luca Di Masi ha dato una linea e negli anni è andata sempre più in crescendo la società. E’ chiaro che molti ritenevano che negli anni l’Orso Grigio sarebbe arrivato facilmente in Serie B per quello che è stato investito. Il percorso è molto proficuo, positivo e i frutti, anche nel lungo termine, arriveranno. Molti addetti ai lavori ritengono la Serie C attuale di livello inferiore rispetto alla terza serie degli anni ottanta/novanta: quale è la sua opinione? La Serie C era composta, in passato, da meno calciatori giovani. Ed era rappresentata da calciatori che, dai livelli alti, scendevano, per approdare in Serie C perché finivano la carriera ed era un calcio in cui il giovane che si apprestava ad andare in Serie C, uscendo dal Campionato Primavera, spesso faceva fatica quando arrivava in terza serie perché trovava il calciatore avanti con gli anni che aveva mantenuto intatto lo spirito battagliero, non era propenso a mollare e aveva un livello di calcio, tecnico/tattico, notevolmente più alto del giovane perché veniva da categorie superiori e la qualità era notevolmente più alta. Nel calcio attuale la Serie C è composta da squadre molto più giovani rispetto al passato, come media di età. i calciatori più adulti sono di meno anche se sono quelli importanti. Il giovane bravo emergeva ma la sua crescita avveniva dopo aver fatto determinati mesi, determinati apprendimenti all’interno della squadra e del campionato dove sicuramente c’erano livelli più elevati. Adesso i livelli atletici sono tutti migliorati, i livelli di organizzazione anche e non è tutta vero questa visione del calcio attuale. E’ vero che apprendevi molto di più da giocatori veri, sotto questo aspetto, ma adesso in Serie C si trovano allenatori molto preparati con un organizzazione di allenamenti molto diversi con staff, con tante conoscenze ed analisi in più e questo fa si che il calcio sia molto più studiato di allora e questo alla fine possa pareggiare, da una parte, quello che si viene detto: non è vero che un calciatore è cosi scarso rispetto agli anni addietro. E’ un altro calcio. Adesso il giovane che esce dal Campionato Primavera non è adatto ad affrontare un calcio di livello massimale e deve lavorare in Serie C cercando di trovare spazio in quella categoria. Come vede l’introduzione del calcio professionistico delle seconde squadre? Le seconde squadre sono necessarie per fare crescere la Serie C a livello di interesse. E’ una cosa necessaria perché ci sono molte società di livello, A e B, che portano i loro giovani a giocare campionati in altre squadre quando possono invece costruire una loro squadra e metterla a disposizione e, di conseguenza, alzare il livello del campionato. Credo che la strada intrapresa dalla Juventus sia una strada da intraprendere maggiormente anche se in Italia non riusciamo a recepire il messaggio rispetto a come viene visto il calcio all’estero. Cosa c’è nell’attualità di Roberto Murgita? Ho iniziato la stagione allenando la formazione Under 17 del Genoa e poi sono stato richiamato in prima Squadra quando è stato nominato allenatore Davide Ballardini: sono collaboratore tecnico dello staff del mister. E’ il ruolo che ho ricoperto, negli ultimi anni, al Genoa, esattamente da otto anni. PAOLO BARATTO
Read MoreQuesta settimana la redazione di Hurrà Grigi ha incontrato Giuseppe Tortora, centravanti dell’Alessandria nelle stagioni 1987/88, 1988/89 e 1989/90. Tortora quali sono i suoi ricordi delle stagioni in cui ha vestito la maglia dell’Alessandria? Ricordi meravigliosi. Quando sono arrivato ad Alessandria, da avversario nella Pistoiese, nel parcheggio dell’antistadio, quando vidi il Moccagatta fu subito amore. Dalla squadra toscana dovevo andare al Catania ma non raggiunsi l’accordo e cosi firmai con l’Alessandria: la trattativa fu condotta dal Direttore Generale della società, il Dottor Quaglia con il Presidente Gino Amisano. Ho giocato oltre cento partite con la maglia grigia, raccogliendo parecchi attestati di stima e tanti ricordi legati a belle persone che avevo conosciuto. Nell’estate del 1990 Tortora lasciò l’Alessandria per approdare alla Vastese. Non avrei mai lasciato l’Alessandria. Purtroppo il mio primogenito, Demetrio, attuale corrispondente per Dazn da Lisbona, soffriva di una problematica respiratorio causato dal clima particolarmente freddo, nebbioso. Mi era stato consigliato, tramite l’ospedale Gaslini di Genova, di trasferirmi in una zona di mare dove il mio primogenito avrebbe avuto benefici. Mi voleva anche il Castel di Sangro dell’attuale Presidente della Figc Gabriele Gravina ma, tra le varie squadre che mi avevano cercato, scelsi Vasto perché è una città di mare: per quanto riguardava la problematica di mio figlio fu una scelta azzeccata. Nella sua carriera da calciatore quale è stato l’allenatore che ricorda con maggiore affetto? A distanza di trent’anni ho ripreso i contatti con Renzo Melani che è stato un allenatore importante per la mia carriera. Il mister che mi ha aiutato all’inizio della mia avventura da calciatore fu Pietro Mariani che ebbi alla Nuova Igea. Ho vinto tanti campionati: ad Alessandria, a Teramo, ad Avezzano, a Martina Franca, a Lamezia, a Crotone, a Cassino, a Castrovillari e ho avuto splendidi rapporti con tutti gli allenatori: ho giocato circa 800 partite ufficiali in tutti i campionati realizzando oltre trecento gol segnati e trecento assist. Quale è stata la rete realizzata che ricorda maggiormente? Ad Alessandria venivo impiegato in una posizione, in campo, più defilata rispetto alle altre squadre in cui avevo giocato: come caratteristiche ero una punta esterna ma era un altro tipo di calcio dove si chiedeva ai giocatori grande sacrificio, grande corsa, in Serie C, all’epoca, i calciatori erano molto forti. Il gol che mi è rimasto più impresso, in assoluto, nel derby con il Casale, realizzato al novantesimo minuto. Gli avversari persero palla ed ero riuscito a realizzare il gol: fu un tripudio immenso. Ha seguito le vicende dell’Alessandria degli ultimi anni? Quale opinione si è fatto? Ho fatto i migliori auguri al mister Moreno Longo con cui ho un rapporto di amicizia: ho telefonato all’ex tecnico del Torino quando avevo saputo che aveva firmato per l’Alessandria dicendogli di dare sempre il massimo perché il pubblico alessandrino è meraviglioso. Lo ritengo un grande allenatore: Alessandria vale la Serie A. Come era il pubblico alessandrino negli anni in cui Tortora era calciatore? La partita di Mantova, giocata molto male, in cui feci un bellissimo gol, su assist di Scarabelli, al volo di sinistro, con oltre due mila alessandrini al seguito. Facevano venire la pelle d’oca per il loro attaccamento alla squadra. Giocare ad Alessandria ed essere amato non è da tutti ed è un prestigio. Sono stato amato per le caratteristiche che avevo in campo, ad Alessandria e non. Ricordo quando andavo a San Michele con Don Ivo Piccinini che mi costringeva a fare una trasmissione radiofonica dedicata agli anziani. Molti addetti ai lavori ritengono la Serie C attuale di livello inferiore rispetto alla Serie C degli anni addietro: quale è la sua opinione? Il calcio, della mia epoca, era completamente diverso, in attacco giocavamo, ad Alessandria io e Ciccio Marescalco, a centrocampo c’erano Ferretti, Mastini, Benetti, Bisoli. Alla Pistoiese, sempre in Serie C, come compagno di squadra, vi era Baldini, Apolloni, in attacco vi era Calonaci: penso che parecchi calciatori di oggi non sarebbero nemmeno stati presi in considerazione. Il dare spazio in maniera ossessiva ai giovani è giusto ma fino ad un certo punto: ben vengono i giovani ma senza la regola degli Under. Coloro che giocavano, nella Serie C in cui ero calciatore erano forti. L’obbligo per le società di fare le presenze per avere diritto ad un premio ha distrutto il calcio. Una volta non vi erano i premi promozione quando si faceva giocare un calciatore. In Alessandria in porta vi era Caniato, successivamente portiere dell’Udinese ed i giovani erano fortissimi. La stagione 1988/89 l’Alessandria ottenne la promozione ma retrocedette subito la stagione seguente. L’annata 1989/90 fu un calvario in quanto mi infortunai al malleolo mediale ad Empoli, saltando per colpire la palla di testa e fu un calvario per tutta la stagione perché non era riuscito a trovare la condizione non riuscendo a recuperare bene dall’infortunio: perdetti un anno. Nonostante tutto vi erano stati commessi errori a livello di mercato: erano arrivati ragazzi molto bravi ma coloro che approdarono dalle squadre giovanili non erano pronti per affrontare un campionato importante come la Serie C. Cosa c’è nell’attualità di Giuseppe Tortora?
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