Hurrà Grigi

Quindicinale di calcio e non solo

PER I MARI DEL MONDO

DSC_1926Lo sa il subacqueo, esplorando i fondali, cosa si nasconde nelle profondità marine. Ma per carpire i segreti del mare esistono altri modi che non prevedono l’uso di ingombranti equipaggiamenti o  brevetti. Lo snorkeling è il modo più semplice per osservare la vita sottomarina. Per praticarlo occorre naturalmente saper nuotare, possedere maschera, boccaglio e pinne; anche una muta, nel caso si dovessero affrontare uscite in mare durante le stagioni più fredde. Spirito d’avventura e adattamento non fanno parte della strumentazione richiesta ma sono l’equipaggiamento interiore senza il quale potete pure proseguire con le letture da ombrellone: questo sport non fa per voi. Ma nessuna lettura saprà mai appagare i vostri sensi meglio di quanto  una nuotata, tra gli spettacolari abissi dei mari del mondo, riesca a soddisfare.

Sono i mari nei mari, quelli circondati dalle formazioni coralline e da esse generati, mari caldi, limpidi e invitanti; quelli dove vivono le madrepore e i pesci dai mille colori, quelli in cui non solo nuoto ma esploro, dalla superficie, la vita nascosta. Dalla riva mi tuffo. Mi immergo e con alcune bracciate scompaio dalla vista per riapparire più in là nell’immenso acquario di coralli e pesci colorati delle più svariate forme e dimensioni. A faccia in giù, nuoto a pelo d’acqua inseguendo banchi di pesci o in apnea raggiungo profondi anfratti rocciosi da cui chiome di alghe spugnose e filamentose ondeggiano nella corrente. Il mare è davvero trasparente; la luce solare che si interna fin giù sui fondali permette alle alghe di svilupparsi in folti cespugli e ampie praterie creando un meraviglioso giardino sommerso. Chiudo il boccaglio e con un colpo di reni mi spingo più in profondità laddove un varco si apre tra le pareti incrostate di corallo, viola, blu, rosso, da cui alcuni pesci pagliaccio appaiono. Mi insinuo, compiendo giravolte, tra le strette pareti irregolari che sprofondano nell’intenso blu, stando molto attenta a non sfiorare i bellissimi e taglienti rami colorati. Uscendo dal labirinto di coralli, alcuni pesci a righe, incuriositi, passano davanti al mio naso e rapidamente guizzano via boccheggiando. Più in là, un cono di luce immortala un banco di pesci dalle lunghe ed eleganti pinne e squame iridescenti . Nella luce solare sembrano di vetro; si affacciano all’improvviso davanti alla mia maschera e si dileguano altrettanto rapidamente. Quando riemergo, sono al largo, la spiaggia è lontana. Sono al limite del reef, nel punto in cui le onde si susseguono rapide e ansimanti in un fragore assoluto; laddove i contorni della barriera incontrano il precipizio sprofondando nell’abisso. Non so dire quanto abbia nuotato sott’acqua, per chilometri presumo. Nutrivo un senso di protezione, dal diretto contatto con i pesci, dal luccichio che emanavano, dai loro colori,  tale che da loro mi lasciai trainare fino in capo al mondo, il loro mondo. E’ strano! Fuor d’acqua ora mi sento insicura: un brivido di paura mi percorre. Mi sento fragile, in balia degli eventi. Un corpo estraneo tra i flutti. Sistemo il boccaglio e la maschera che nel frattempo si è appannata e mi immergo avvicinandomi pian piano alla riva. A pochi metri dalla spiaggia il fondale è sabbioso ma non meno interessante. Scrutando il fondo del mare, qualcosa si muove sulla sabbia. E’ una manta. Tale è la sua perfetta pratica di mimetizzazione che quasi mi sfuggiva. Si alza leggera. Muove le agili pinne alate e spicca il volo verso l’alto, verso la superficie. La sfioro e lei si lascia sfiorare, muovendo i suoi piccoli occhi che ha piazzati ai lati del dorso. Crede forse che anch’io sia un pesce. Non posso darle torto. Mi sono così bene adattata all’ambiente acquatico che mi sono cresciute le branchie.

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