Le Nostre Interviste

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Murgita: “Il pubblico di Alessandria è molto importante”

Questa settimana la redazione di Hurrà Grigi ha incontrato Roberto Murgita, centravanti dell’Alessandria nella stagione 2001/2002 Murgita quali sono i suoi ricordi delle stagioni in cui ha vestito la maglia dell’Alessandria? Ricordo che feci una scelta importante, ovvero quella di approdare ad Alessandria che la ritenevo una società storica, un luogo storico che si associava a quelle società di cui avevo fatto parte: Genoa, Pro Vercelli, tutte società che hanno avuto una storia importante nel calcio italiano. Ero approdato ad Alessandria con grande entusiasmo in quanto ritenevo la società grigia molto importante cosi come il pubblico. La stagione era stata difficile, nel senso che era girata storta ma la prima parte dell’annata era stata importante con una squadra importante che aveva fatto bene gran parte del campionato e poi eravamo stati surclassati dall’ansia di non riuscire a raggiungere l’obiettivo finale. Al termine della stagione 2001/2002 Murigita lasciò l’Alessandria per approdare al Savona. Avevo un solo anno di contratto ad Alessandria e, al termine della stagione 2001/2002, la società aveva deciso di non proseguire il rapporto contrattuale: le strade si erano separate. Il tempo fa rivalutare tante cose: avevamo fatto una stagione molto bella per tanti versi con i tifosi molto attaccati alla squadra, erano sempre numerosi allo stadio e la passione era tanta nei confronti della maglia grigia. In Serie C la piazza Alessandria era ambitissima ed era difficile per le altre compagini venire a giocare al Moccagatta. Sono state fatte molte partite giocate bene e altre in cui avevamo raccolto poco. Nella partita playoff con la Sangiovannese, di Maurizio Sarri, avevamo fatto molto bene all’andata ma poi, al ritorno, in casa, andò malissimo e perdemmo in casa in maniera inaspettata. Murgita quale è stato l’allenatore che ricorda con maggiore affetto? Con affetto ricordo tanti allenatori che sono stati importanti per la mia carriera. Ho avuto Claudio Maselli, Franco Scoglio e Osvaldo Bagnoli al Genoa. Attilio Perotti, Francesco Giudolin a Vicenza, Renzo Ulivieri, lo stesso Oscar Piantoni che avevo avuto ad Alessandria lo ricordo con grandissimo affetto, Gigi Simoni che mi aveva fatto esordire. Nella sua carriera quale è stato il gol che ricorda ancora nei giorni attuali?  Tutti i gol rappresentano la gioia, momenti di grande euforia, in quanto rappresentano un obiettivo raccolto per la squadra. Ad Alessandria il gol che ricordo con più piacere fu quello che feci alla Pro Sesto, in trasferta: non ero in campo dal primo minuto ero subentrato ed avevo preso un calcio di rigore. Perdevamo 2-0 ed eravamo riusciti a ribaltare la sfida vincendola. Ha seguito le vicende dell’Alessandria negli ultimi anni? Quale opinione si è fatto? Le vicende dell’Alessandria degli ultimi anni le ho anche subite perché uno dei ricordi più belli del tifoso grigio è stata la vittoria di Marassi in Coppa Italia con il Genoa: in quel periodo ero collaboratore dei tecnici della prima squadra del Genoa. L’Alessandria negli ultimi anni si è ristrutturata molto, come società, ha una struttura meravigliosa dove fa crescere i propri giovani. Il Presidente Luca Di Masi ha dato una linea e negli anni è andata sempre più in crescendo la società. E’ chiaro che molti ritenevano che negli anni l’Orso Grigio sarebbe arrivato facilmente in Serie B per quello che è stato investito. Il percorso è molto proficuo, positivo e i frutti, anche nel lungo termine, arriveranno. Molti addetti ai lavori ritengono la Serie C attuale di livello inferiore rispetto alla terza serie degli anni ottanta/novanta: quale è la sua opinione? La Serie C era composta, in passato, da meno calciatori giovani. Ed era rappresentata da calciatori che, dai livelli alti, scendevano, per approdare in Serie C perché finivano la carriera ed era un calcio in cui il giovane che si apprestava ad andare in Serie C, uscendo dal Campionato Primavera, spesso faceva fatica quando arrivava in terza serie perché trovava il calciatore avanti con gli anni che aveva mantenuto intatto lo spirito battagliero, non era propenso a mollare e aveva un livello di calcio, tecnico/tattico, notevolmente più alto del giovane perché veniva da categorie superiori e la qualità era notevolmente più alta. Nel calcio attuale la Serie C è composta da squadre molto più giovani rispetto al passato, come media di età. i calciatori più adulti sono di meno anche se sono quelli importanti. Il giovane bravo emergeva ma la sua crescita avveniva dopo aver fatto determinati mesi, determinati apprendimenti all’interno della squadra e del campionato dove sicuramente c’erano livelli più elevati. Adesso i livelli atletici sono tutti migliorati, i livelli di organizzazione anche e non è tutta vero questa visione del calcio attuale. E’ vero che apprendevi molto di più da giocatori veri, sotto questo aspetto, ma adesso in Serie C si trovano allenatori molto preparati con un organizzazione di allenamenti molto diversi con staff, con tante conoscenze ed analisi in più e questo fa si che il calcio sia molto più studiato di allora e questo alla fine possa pareggiare, da una parte, quello che si viene detto: non è vero che un calciatore è cosi scarso rispetto agli anni addietro. E’ un altro calcio. Adesso il giovane che esce dal Campionato Primavera non è adatto ad affrontare un calcio di livello massimale e deve lavorare in Serie C cercando di trovare spazio in quella categoria. Come vede l’introduzione del calcio professionistico delle seconde squadre? Le seconde squadre sono necessarie per fare crescere la Serie C a livello di interesse. E’ una cosa necessaria perché ci sono molte società di livello, A e B, che portano i loro giovani a giocare campionati in altre squadre quando possono invece costruire una loro squadra e metterla a disposizione e, di conseguenza, alzare il livello del campionato. Credo che la strada intrapresa dalla Juventus sia una strada da intraprendere maggiormente anche se in Italia non riusciamo a recepire il messaggio rispetto a come viene visto il calcio all’estero. Cosa c’è nell’attualità di Roberto Murgita? Ho iniziato la stagione allenando la formazione Under 17 del Genoa e poi sono stato richiamato in prima Squadra quando è stato nominato allenatore Davide Ballardini: sono collaboratore tecnico dello staff del mister. E’ il ruolo che ho ricoperto, negli ultimi anni, al Genoa, esattamente da otto anni. PAOLO BARATTO

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Tortora: “Il pubblico alessandrino è meraviglioso. Giocare ad Alessandria un prestigio”

Questa settimana la redazione di Hurrà Grigi ha incontrato Giuseppe Tortora, centravanti dell’Alessandria nelle stagioni 1987/88, 1988/89 e 1989/90. Tortora quali sono i suoi ricordi delle stagioni in cui ha vestito la maglia dell’Alessandria? Ricordi meravigliosi. Quando sono arrivato ad Alessandria, da avversario nella Pistoiese, nel parcheggio dell’antistadio, quando vidi il Moccagatta fu subito amore. Dalla squadra toscana dovevo andare al Catania ma non raggiunsi l’accordo e cosi firmai con l’Alessandria: la trattativa fu condotta dal Direttore Generale della società, il Dottor Quaglia con il Presidente Gino Amisano. Ho  giocato oltre cento partite con la maglia grigia, raccogliendo parecchi attestati di stima e tanti ricordi legati a belle persone che avevo conosciuto. Nell’estate del 1990 Tortora lasciò l’Alessandria per approdare alla Vastese. Non avrei mai lasciato l’Alessandria. Purtroppo il mio primogenito, Demetrio, attuale corrispondente per Dazn da Lisbona, soffriva di una problematica respiratorio causato dal clima particolarmente freddo, nebbioso. Mi era stato consigliato, tramite l’ospedale Gaslini di Genova, di trasferirmi in una zona di mare dove il mio primogenito avrebbe avuto benefici. Mi voleva anche il Castel di Sangro dell’attuale Presidente della Figc Gabriele Gravina ma, tra le varie squadre che mi avevano cercato, scelsi Vasto perché è una città di mare: per quanto riguardava la problematica di mio figlio fu una scelta azzeccata. Nella sua carriera da calciatore quale è stato l’allenatore che ricorda con maggiore affetto? A distanza di trent’anni ho ripreso i contatti con Renzo Melani che è stato un allenatore importante per la mia carriera. Il mister che mi ha aiutato all’inizio della mia avventura da calciatore fu Pietro Mariani che ebbi alla Nuova Igea. Ho vinto tanti campionati: ad Alessandria, a Teramo, ad Avezzano, a Martina Franca, a Lamezia, a Crotone, a Cassino, a Castrovillari e ho avuto splendidi rapporti con tutti gli allenatori: ho giocato circa 800 partite ufficiali in tutti i campionati realizzando oltre trecento gol segnati e trecento assist. Quale è stata la rete realizzata che ricorda maggiormente? Ad Alessandria venivo impiegato in una posizione, in campo, più defilata rispetto alle altre squadre in cui avevo giocato: come caratteristiche ero una punta esterna ma era un altro tipo di calcio dove si chiedeva ai giocatori grande sacrificio, grande corsa, in Serie C, all’epoca, i calciatori erano molto forti. Il gol che mi è rimasto più impresso, in assoluto, nel derby con il Casale, realizzato al novantesimo minuto. Gli avversari persero palla ed ero riuscito a realizzare il gol: fu un tripudio immenso. Ha seguito le vicende dell’Alessandria degli ultimi anni? Quale opinione si è fatto? Ho fatto i migliori auguri al mister Moreno Longo con cui ho un rapporto di amicizia: ho telefonato all’ex tecnico del Torino quando avevo saputo che aveva firmato per l’Alessandria dicendogli di dare sempre il massimo perché il pubblico alessandrino è meraviglioso. Lo ritengo un grande allenatore: Alessandria vale la Serie A. Come era il pubblico alessandrino negli anni in cui Tortora era calciatore? La partita di Mantova, giocata molto male, in cui feci un bellissimo gol, su assist di Scarabelli, al volo di sinistro, con oltre due mila alessandrini al seguito. Facevano venire la pelle d’oca per il loro attaccamento alla squadra. Giocare ad Alessandria ed essere amato non è da tutti ed è un prestigio. Sono stato amato per le caratteristiche che avevo in campo, ad Alessandria e non. Ricordo quando andavo a San Michele con Don Ivo Piccinini che mi costringeva a fare una trasmissione radiofonica dedicata agli anziani. Molti addetti ai lavori ritengono la Serie C attuale di livello inferiore rispetto alla Serie C degli anni addietro: quale è la sua opinione? Il calcio, della mia epoca, era completamente diverso, in attacco giocavamo, ad Alessandria io e Ciccio Marescalco, a centrocampo c’erano Ferretti, Mastini, Benetti, Bisoli. Alla Pistoiese, sempre in Serie C, come compagno di squadra, vi era Baldini, Apolloni, in attacco vi era Calonaci: penso che parecchi calciatori di oggi non sarebbero nemmeno stati presi in considerazione. Il dare spazio in maniera ossessiva ai giovani è giusto ma fino ad un certo punto: ben vengono i giovani ma senza la regola degli Under. Coloro che giocavano, nella Serie C in cui ero calciatore erano forti. L’obbligo per le società di fare le presenze per avere diritto ad un premio ha distrutto il calcio. Una volta non vi erano i premi promozione quando si faceva giocare un calciatore. In Alessandria in  porta vi era Caniato, successivamente portiere dell’Udinese ed i giovani erano fortissimi. La stagione 1988/89 l’Alessandria ottenne la promozione ma retrocedette subito la stagione seguente. L’annata 1989/90 fu un calvario in quanto mi infortunai al malleolo mediale ad Empoli, saltando per colpire la palla di testa e fu un calvario per tutta la stagione perché non era riuscito a trovare la condizione non riuscendo a recuperare bene dall’infortunio: perdetti un anno. Nonostante tutto vi erano stati commessi errori a livello di mercato: erano arrivati ragazzi molto bravi ma coloro che approdarono dalle squadre giovanili non erano pronti per affrontare un campionato importante come la Serie C. Cosa c’è nell’attualità di Giuseppe Tortora?

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Zirafa: “La Gradinata Nord è spettacolare. Una delle più belle che abbia intonato canzoni su di me”

Questa settimana la redazione di Hurrà Grigi ha incontrato Paolo Zirafa, attaccante dell’Alessandria nelle stagioni 2000/2001 e 2001/2002.  Zirafa quali sono i suoi ricordi delle due stagioni in cui ha vestito la maglia dell’Alessandria?  Sono stati due anni nettamente diversi e contrari l’uno con l’altro. Il primo anno cominciò bene: arrivai alla quarta giornata di andata, nel mese di settembre del 2000, con una classifica deficitaria ma si parti bene perché si pareggiò a Ferrara, dove segnai e la settimana successiva si giocò contro l’Albinoleffe e l’Alessandria vinse. L’inizio fu promettente ma il prosieguo della stagione fu tribolato tra alti e bassi, più bassi che alti, sia personali che di squadra. Il culmine della mia prima annata fu la retrocessione con una forte contestazione da parte della tifoseria. Nell’estate del 2001 il calciomercato estivo mi collocava in diversi squadre ma arrivò, come allenatore dell’Alessandria, Oscar Piantoni che fu mio mister qualche precedente stagione nell’Alzano Virescit e decisi, parlando con Piantoni, di riconquistare la fiducia della piazza con un progetto molto ambizioso ed interessante. Dalla prima partita ufficiale che fu il derby in Coppa Italia contro la Valenzana, in cui segnai, su rigore, sotto la curva, si ricompose l’amore nei confronti di una tifoseria che vide un giocatore non disposto a svenare ma che voleva riscattarsi dall’annata precedente deludente. Nel settembre del 2000 come è maturata la sua scelta di approdare ad Alessandria? Fu un episodio strano che mi portò ad Alessandria. Giocammo la partita, con lo Spezia, proprietaria del mio cartellino, contro l’Albinoleffe e non feci una grande partita. Il giorno dopo ricevetti una telefonata del mio procuratore che mi informò sul fatto che lo Spezia aveva cambiato idea sulla mia permanenza in Liguria. Parlai con il mister dello Spezia, Andrea Mandorlini, per avere chiarimenti. L’allenatore mi confermò che la società Spezia non era disposta ad aspettare il mio inserimento all’interno della squadra. A quel punto, con l’intermediazione del mio procuratore, si era manifestata la possibilità di andare a giocare ad Alessandria e accettai subito la proposta. Nell’estate del 2002 ci fu il suo passaggio al Cosenza. Nell’arco della mia carriera avevo sempre desiderato approdare in Serie B. Fu la ciliegina sulla torta di una carriera quel passaggio. Continuamente inseguivo la Serie B e, quell’anno, riuscì a raggiungerla. Non andò come speravo potesse andare. Nel calcio ho imparato che le colpe stanno sempre a metà: qualcosa non avevo messa io in quella esperienza e qualcosa andò storto non totalmente per colpa mia. Negli anni successivi sperai di poter ritornare ad Alessandria ma la mia carriera è sempre stata costellata da nuove esperienze. Nell’arco della sua carriera quale è stato l’allenatore che ricorda con maggiore affetto? Ogni allenatore ha rappresentato, per me, qualcosa di importante. Ovviamente quello a cui sono più legato è stato Oscar Piantoni perché ho avuto in diverse squadre. Devo dire che Ezio Glerean, a Cittadella, fu un allenatore molto importante per la mia crescita. Gaetano Auteri, che mi aveva allenato a Siracusa fu un allenatore che incise molto sulla mia carriera cosi come Gianluca Prina alla Pro Belvedere Vercelli. Sono stati questi gli allenatori a cui sono più legato. Quale è stato il gol realizzato da Paolo Zirafa che ricorda maggiormente? Ho realizzato parecchi gol nell’arco della mia carriera. Ho provato a contarli tutti e credo di aver superato le 300 reti realizzate. Uno dei gol più belli che ho siglato è stato con la maglia dell’Alessandria, realizzato durante il campionato, contro la Sangiovannese: un tiro al volo, effettuato da appena fuori area, su una respinta, di testa, di un giocatore avversario. Ha seguito l’Alessandria Calcio negli ultimi anni? Che opinione si è fatto? Alessandria è una piazza importante. Quando giocavo io, ma anche in questi anni, è una piazza molto esigente e legata a un passato che ormai è remoto. Ricordo i discorsi che venivano fatti, da parte dei tifosi, su Gianni Rivera. Si è sempre legati a questo passato glorioso. Negli anni l’Alessandria ha allestito rose competitive e l’organico di questa stagione è molto combattiva, di grande esperienza, composta da giocatori che hanno calcato, nella loro carriera, i campi del Sud. Un anno, da calciatore, nel girone C, di Serie C, forma l’atleta in maniera totalmente diversa. L’Alessandria ha tutte le carte in regola per poter ambire alla piazza d’onore. Gli addetti ai lavori considerano la Serie C, attuale, di livello più basso della Serie C degli anni ottanta/novanta. Quale è la sua opinione? Il mio calcio, giocato, è completamente diverso da quello di adesso. La velocità è sicuramente superiore cosi come lo è la forza muscolare dei giocatori. Il giocatore medio di Serie C attuale, in cui le caratteristiche principali sono la forza e la potenza, a discapito della tecnica, sicuramente anni addietro non avrebbe giocato in terza serie. Il Paolo Zirafa di vent’anni fa, paragonato ai livelli di forza attuali, agli allenamenti che si fanno oggi, non avrebbe potuto giocare in Serie B perché mancava quell’allenamento particolare che oggi viene utilizzato. Vedo un’attenzione diversa alla cura dell’atleta. All’epoca eravamo calciatori/atleti oggi sono atleti/calciatori in quanto si privilegia l’atletismo alle doti tecniche di tattica individuale. Quali sono i suoi ricordi della tifoseria grigia? Il secondo anno è stato amore. La curva grigia è spettacolare: è una delle più belle che abbiano intonato canzoni su di me. Cosa c’è nell’attualità di Paolo Zirafa? Sono a Parma e alleno gli attaccanti del settore giovanile del Parma, dall’under 15 a salire. Mi occupo della formazione, da punto di vista, della tattica individuale, degli attaccanti. Lavoro sui movimenti, sulle malizie, su alcune gestualità tipici del ruolo che ho interpretato da calciatore. E’ un lavoro che mi appassiona tantissimo e sono veramente felice di poter dare il mio contributo alla crescita di questi ragazzi che spero un giorno potranno calcare grandi palcoscenici.

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