Hurrà Grigi

Quindicinale di calcio e non solo

Faiola: “L’Alessandria meriterebbe altre categorie”

Lo scorso marzo era al primo anno di Serie A canadese a Toronto, in estate poteva chiudere con la Virtus Verona in C, città che già conosceva e che lo ha accolto giovanissimo, che lui stesso definisce la sua città, fino alla scelta definitiva di abbandonare a soli 27 anni, il calcio professionistico. Parliamo di Matteo Faiola, trequartista che ha indossato anche la maglia della Nazionale Italiana insieme al nostro Riccardo Chiarello.

Questa mia scelta non posso definirla tanto improvvisata – spiega Faiola –, nel senso che già da qualche anno avevo iniziato un percorso parallelo a quello sportivo, ovvero gli studi universitari. Questi studi, si stanno finalmente per concludere e la fortuna, perché di questi tempi tale deve definirsi, ha voluto che un’opportunità di lavoro, nuova, affascinante, e soprattutto in linea con quello che è il mio percorso accademico, mi portasse a fare questa scelta definitiva”.

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matteo faiolaUna scelta sofferta? “Sicuramente – continua il giocatore – le emozioni che ho vissuto in questi tanti anni di calcio sarà difficile trovarle anche in un contesto lavorativo diverso, ma spero che ci saranno altro tipo di soddisfazioni, di diverso genere, certo, ma mi auguro della stessa intensità. Ho vissuto appunto, emozioni positive e negative di grande significato, che mi hanno formato e reso l’uomo che sono oggi. Emozioni che quando ho iniziato da piccolissimo non avrei mai immaginato”. Ad esempio? “Non posso non partire dalla Roma, la mia prima famiglia – prosegue –. 9 anni nel settore giovanile giallorosso, gli scudetti vinti, i tanti compagni e poi Totti e De Rossi. Tutto indelebile. Mi viene in mente poi il Verona, l’Hellas, e i brividi ma anche la soggezione che può trasmetterti quella tifoseria. Poi gli anni In Inghilterra, il vero football, l’odore dell’erba, i tifosi attaccati al campo di gioco che quasi facevano goal insieme a me, il Newcastle United, un sogno realizzato. E poi la Nazionale, con le Universiadi di Taipei, l’ultima, vera, grande emozione della mia carriera”. Ma oltre alle emozioni positive nel calcio ci sono sempre episodi spiacevoli. “Indubbiamente l’infortunio al ginocchio che mi ha tenuto fuori per quasi un anno e mezzo e fatto perdere il treno dei sogni – rivela il trequartista –. Da quel periodo ho cominciato a capire che forse il calcio non doveva e non poteva essere l’unica opzione. Ho lavorato molto su me stesso ed oggi posso comunque ritenermi soddisfatto del percorso”.

Faiola, però, non ha abbandonato il calcio giocato. “Diciamo che mi “diverto” ancora nel campionato di Prima categoria laziale – racconta -. Grazie a mio cognato, Angelo Delle Donne (anche lui ex pro), che è l’allenatore della squadra in cui gioco, L’Atletico Pontinia dei Presidenti Alberto e Raimondo Roscioli. Una società molto ambiziosa con un allenatore Top, e magari nei professionisti ci torno con Loro, come la più bella delle favole”.

Come detto all’inizio, Faiola ha giocato con Riccardo Chiarello e, quindi, segue i Grigi. “L’Alessandria – conclude – meriterebbe sicuramente altre categorie e sono sicuro che con il duro lavoro ed un po’ di fortuna in più può arrivare nel giro di qualche anno a quell’obiettivo che è la B. E poi me lo auguro, soprattutto, per Riccardo Chiarello perché siamo stati in Nazionale insieme. Se lo merita lui e se lo merita la piazza”.

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