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Democrazia tra mito e realtà, un saggio di Massimo L. Salvadori

Il termine ha significati e interpretazioni variabili, sempre consegnate al congelamento del tempo storico a cui si fa riferimento, senza dimenticare connotazioni geografiche e specificità politiche sempre evidenziate da abbinamenti, specialmente con aggettivi.
Quel sistema di regole condivise che per brevità chiamiamo democrazia, mantiene immutato nel tempo il suo fascino in quanti considerano che intelligenza e ragione, pur senza negare imprecisioni.
Sul tema esce oggi un altro volume del professor Massimo L. Salvadori, per i tipi di Donzelli (Roma, novembre 2015, euro 35,oo), dal titolo “Democrazia, Storia di un’idea tra mito e realtà (dall’antica Grecia al mondo globalizzato)”, che in quasi cinquecento pagine percorre tutti i tortuosi tratti di un concetto che pressoché da sempre ha espresso una condizione di gestione del potere, un’espressione di sovranità suprema, una speranza di governo promanata direttamente dal popolo.
In queste poche righe cerco di evidenziare quanto sia importante e dibattuto il modo di intendere la democrazia, tra possibilità e speranze di attuazione, il sempre suo incerto avvenire e non soltanto per l’azione condotta da fautori del liberalismo (ma l’autore in questo la considera come il suo compimento) ovvero della coercizione dittatoriale, i suoi vantaggi diffusi e, perché no?, anche gli svantaggi connessi con il rispetto delle regole.
Idea concreta o mito, quanti sono nati in un territorio ove vigono sistemi democratici, non sempre riesce ad apprezzarla a pieno oppure considera utile per sé stesso scivolare fra le maglie larghe della condivisione sociale su cui essa si poggia; causando in ogni caso una sorta di allontanamento dalla realtà, anzi meglio una crisi dell’ideale che entra addirittura in rotta di collisione con la realtà.
Un altro aspetto degno di considerazione concerne le modalità elettorali, perché nell’impraticabilità di attuare forme dirette come in tempi lontani (che peraltro prevedevano pesanti criteri di esclusione, ad esempio nella troppo mitizzata antica Grecia), si deve necessariamente ricorrere al trasferimento della sovranità popolare in particelle che in nome della rappresentanza dovrebbero esercitare con saggezza la cura del bene comune, tramutandosi spesso in dogma politico.
Qualunque sistema deve fare i conti con l’animo umano e le sue infinite debolezze, che se per un aspetto è incline a legittimare l’ideologia dominante, per l’altro è soggetto agli influssi nefasti della plutocrazia pur sempre governata come sistema a parte dai ceti superiori (sì, questo vale per tutti sistemi, democratici e no).
Insomma, le oligarchie tendono a muoversi in modo disinvolto in tutti i sistemi di governo, sapendo manipolare anche quelli in cui vengono tutelati diritti civili e politici, nel pluralismo culturale.
Dal sistema liberale, a quello liberaldemocratico e poi a quello liberaldemocratico di ultima generazione, si nota come il passaggio dal suffragio ristretto al suffragio allargato o universale abbia determinato l’avvento di regimi liberaldemocratici o democratici, in cui con il riconoscimento dalle libertà politiche e civili, l’adozione delle costituzioni, la creazione delle istituzioni parlamentari, l’attuazione della divisione dei poteri sono fondate sulla partecipazione dei cittadini come individui.
Tuttavia nella pratica si crea un paradosso che lo storico torinese ha definito “oligarchia democratica”, in cui le masse popolari sono escluse, pur offrendo la necessaria legittimazione utile alla sopravvivenza di governi che intrecciano le loro decisioni con i desiderata di oligarchie politiche e della plutocrazia.
Traspare un pessimismo di fondo nell’individuare questi “governi a legittimazione popolare passiva”.
Così pure nell’inutilità sostanziale dello sforzo di riconquista democratica ad opera di intellettuali, giornalisti, gruppi di volenterosi ben pensanti, pur non essendo le loro iniziative da sottovalutare.
Difficile riuscire ad affermare nuovi modelli di cultura e di società; di certo non appoggiandosi soltanto alla comunicazione ed alla conoscenza, perché la sfida ancora attuale è quella della rappresentanza e della difesa degli strati sociali più deboli, facendo valere di più i loro interessi.

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