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Endkadenz Volume II: viaggio al termine del futuro

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I Verdena  hanno sempre detto di considerare Endkadenz come un disco unico, diviso in due episodi per non saturare il mercato e (anzi: e soprattutto) perché la Universal, in questo periodo di crisi infinita, no n voleva rischiare a uscire con un disco doppio.

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Eppure, anche se ci sono indubbi punti in comune (ben esemplificati dai suoni fuzzy e viscerali del singolo “Colle Immane”, accompagnato da un video stupendo, e dalle ritmiche heavy e stoner di brani quali “Cannibale” e “Caleido”, che, insieme a “Fuoco amico I” e “Fuoco amico II (pela i miei tratti)”il disco risulta maggiormente stratificato e complesso rispetto al precedente.

Ritornano infatti quella cura per il dettaglio e per la produzione che Alberto Ferrari aveva volutamente trascurato nel primo episodio, e la differenza sta proprio in una maggiore levigatezza dei singoli brani.

Usciti dalla foschia degli anni ’90 (prima esemplificata con il singolo “Un po’ esageri”), stavolta i Verdena citano e rimescolano tutte le suggestioni che avevano accumulato con “Wow”: dall’intro in dialetto bergamasco di “Un blu sincero”, ottimo esempio di rock d’autore in cui fa capolino Lucio Battisti (ancora lui), alle atmosfere visionarie “Identikit” (tra i pezzi migliori dell’album), in cui spicca la voce di Ferrari – tra falsetti e cori – perfettamente amalgamata all’atmosfera sospesa del pezzo.

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Una eterogeneità di stili e di influenze evidenziate anche in “Nera visione” (arricchita dal piano), altro esempio della vena cantautorale di Ferrari o nella costruzione acid/progressive di “Dymo” e “Lady Hollywood”.

Ma è con la conclusiva “Waltz del Bounty” che il trio mette il suggello al capitolo finale di Endkadenz: ancora pianoforte e arrangiamenti orchestrali per una ballata dal sapore blues che si conclude bruscamente tra deviazioni noise e voci inquietanti: “Waltz del Bounty” è probabilmente il pezzo che meglio esemplifica il percorso portato avanti dai Verdena: un gioco di specchi dove rinchiudere e rimescolare l’esperienza Wow, in altre parole un ricco caleidoscopio con cui cercare di portare alla luce una nuova identità, in cui costruire nuovi suoni, contro la mancanze di idee che tradizionalmente portano le band ad estinguersi nell’arco di pochi dischi.

 

 

 

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